.La sezione archeologica: le fasi storiche

Scesi dalla Sala Nuragica inizia la visita del grande salone suddiviso in quattro zone: Fenicio-Punica (X) al di sotto della scala ed al di là del tramezzo, fino alle due vetrine delle lucerne (nn. 45 e 46); Romana (XI): ceramica, vetri, bronzi, con il Medagliere nella parte terminale (vetrine nn.58-62); Romana (XII): statuaria, mosaici, ancore, iscrizioni. Il materiale è esposto prevalentemente per classi tipologiche.

 

Sala Fenicio-Punica (sala X)

 

La sala raccoglie il materiale di età storica di produzione greca ed etrusca, italica e fenicio-punica. Esso proviene quasi esclusivamente da collezioni, confluite poi nel Museo, per cui spesso non sono note le località di provenienza. Per il materiale fenicio-punico, la provenienza prevalente è Tharros, nella penisola del Sinis, Cabras (OR).

All'inizio del percorso, sono collocati fuori vetrina un cippo bruciaprofumi di arenaria con iscrizione funeraria punica e un bassorilievo con “simbolo di Tanit” da S'Imbalconadu (Olbia), fiancheggiato da anfore a siluro.

Le vetrine 35 e 36 contengono reperti etrusco-corinzi (aryballoi ed alabastra, piccoli e raffinati contenitori per unguenti) ed un gruppo di vasi etruschi di bucchero, alcune kylikes (coppe biansate su alto piede) a figure nere e a figure rosse, vasi greci e della Magna Grecia (lucerne di forma aperta e forme di vasellame da mensa come oinochoai, guttus, vasi a figure rosse fra i quali un cratere, un vaso ad astragalo, brocche trilobate ecc.). Tra i tanti pezzi spiccano due reperti di grande pregio: un'anfora “tirrenica” attribuita al Pittore di Timiades (570-60 a.C.), un'anfora a figure nere del Gruppo di Leagros (520-10), raffigurante la lotta di Eracle ed Anteo (vetrina 35).

Con la vetrina 37 prende l’avvio la serie di manufatti propriamente fenici e punici. In particolare sono presenti gli esemplari più antichi di ceramica fenicia: brocche con orlo a fungo e con bocca trilobata, sottolineata da pittura rossa. Nelle vetrine 38 e 39 prevalgono le urne fenicio-puniche, realizzate al tornio veloce e decorate con motivi geometrici rossi o bruni su fondo chiaro: fasce, tremoli, ecc.; seguono le oinochoai trilobate (brocche) e le anfore, una doppia patera, un askòs con decorazione plastica ed una brocchetta trilobata con attacchi a dischi-spirale. Nella vetrina 40 piattelli, olle, una lucerna bilicne, brocche, vasi monoansati, un bell'esemplare di fiasca decorata a cerchi concentrici ed altri fittili provenienti dalla necropoli di S. Avendrace, Cagliari e da altri siti.

Sui circostanti ripiani a muro si collocano un piccolo betilo su base quadrangolare da Tharros (?), tre stele puniche ed una base-supporto in pietra da Olbia, con iscrizione punica; nelle stele (forse da Sulcis) la prima mostra una figura femminile entro un'edicola fortemente stilizzata sormontata dal disco solare e dal crescente lunare, la seconda ancora più semplificata e schematica, la terza, di tipo grecizzante con figura femminile panneggiata entro tempietto ionico. Lungo il muro sono inoltre collocate anfore puniche e romano-repubblicane.

Ad altre arti applicate sono dedicate le vetrine dalla 41 alla 43. Nella vetrina 41 sono presenti in particolare tre gruppi di scarabei: egiziani ed egittizzanti di steatite e di pasta vitrea (600-500 a.C.), quelli punici e d'importazione di pietra dura (500-300 a.C.), e quelli egittizzanti di epoca tarda. La vetrina 42 è dedicata alla coroplastica votiva: sono presenti kernophoroi (bruciaprofumi) a forma di busto femminile che sorregge un cesto sul capo, raffigurazioni di divinità femminile (Demetra ?) assisa in trono, figure femminili panneggiate e con tamburello, un bell'esemplare di maschera fittile, una mano votiva con iscrizione punica incisa sul palmo con la scritta “Eshmun ha ascoltato” ed infine una piccola scelta di ex-voto dalla favissa ellenistica di S.Giuseppe di Padria insieme ad unguentari fusiformi e timbri di terracotta. La vetrina 43, con la quale si conclude la sala fenicio-punica, contiene una piccola ma importante raccolta di amuleti, gioielli, oggetti d'avorio e di pasta vitrea. Spiccano le collane d'oro, corallo e pasta vitrea, i pendenti fra i quali la figura femminile egittizzante con le mani ai seni, il tubetto aureo porta-amuleto con protome leonina e altri di corniola, cristalli di rocca, agata, radici di turchese; anelli e bracciali semplici e composti, d’argento; il gruppo di unguentari a forma di anforette e di brocchette di pasta vitrea policroma, le placchette decorative di avorio (tra cui una testa silenica barbata ed una figurina di flautista di profilo); tre rasoi punici votivi, di bronzo, con manico a testa di cigno.

Fra la sezione fenicio-punica e quella romana non c’è una divisione in vani diversi; il passaggio si coglie dalla differenza tipologica dei materiali e dalle indicazioni dei pannelli didattici.

 

Sala Romana (XI)

Fuori vetrina, in angolo accanto alle vetrine 41-43, è collocato un grande dolio-tomba,notevole esempio di sepoltura ad enchytrismos (ovvero entro un vaso) da Cantaru Ena di Florinas; il vaso riparato in antico con grappe di piombo contiene la deposizione con il corredo vascolare

Le vetrine 45-46 espongono un’ampia tipologia di lucerne: da quelle di età fenicia, ellenistiche e romane repubblicane si giunge a quelle di prima età imperiale e “africane” di età paleocristiana con decorazioni varie e con simboli giudaici (candelabro a sette braccia) e cristiani (Chrismon).

Le classi ceramiche romane più antiche, di età repubblicana, sono rappresentate, nella vetrina 47, da una serie di prodotti, integri e di buona fattura di ceramica campana da mensa con i bei riflessi metallici della vernice.

Le successive vetrine 48 e 49 contengono invece una serie di manufatti in vetro come grandi urne globulari (probabilmente da Tharros), unguentari di vari colori e contenitori da mensa: bottiglie e brocche, coppe, calici e bicchieri da Tharros, Cornus, Porto Torres e altre località. Spiccano l’alto calice finemente decorato a rilievo con pesci dipinti di fattura alessandrina, una brocchetta trilobata lavorata a nido d'ape, alcuni unguentari a forma di frutti e di uccelli di produzione orientale.

Con la vetrina 50 riprende l’esposizione delle classi ceramiche; in particolare sono esposte ceramiche fini da mensa dette sigillate italiche perché realizzata a stampo in fabbriche dell'Italia centrale, fra le quali è celebre quella di Arezzo (da cui “aretina”), da dove proviene l’esemplare con grappoli d'uva e teste di Sileno. Molti recipienti mostrano il bollo della fabbrica di provenienza impresso al centro, talora in planta pedis. Ad altre classi e ad un’articolata tipologia di forme ceramiche di età imperiale sono dedicate le vetrine dalla 51 alla 54: bicchieri e tazzette a pareti sottili decorati con applicazioni plastiche o a rotellatura, piatti di sigillata chiara decorati sul bordo, forme chiuse per versare i liquidi e un vaso a biberon (vetrina 51); vasi di ceramica comune di forma chiusa - come olpai (vasi con fondo a fiasco), anforette e brocchette (vetrina 52) - o con forme aperte quali boccalini e tazze biansate (vetrina 53); vasi di rozza esecuzione, da cucina e da mensa fra cui un esemplare ancora pieno di lumache (vetrina 54).

La vetrina 55 è dedicata invece ad una pregevole collezione di piccoli bronzi d’uso e figurati: recipienti interi come situle e trullae (attingitoi) e parti come anse con attacchi figurati; aghi, chiodi, fibule, chiavi, matrici di sigilli rettangolari o “in planta pedis” per ceramica, catenelle, amuleti, specchi ecc.; tra le statuette, raffiguranti divinità, personaggi vari ed animali reali o fantastici, spiccano l’Ercole da Ossi ed il “personaggio virile ammantato” nella lacerna (tipo di mantello corto) da Nulvi. E’ dedicata soprattutto all’epigrafia la vetrina 56: vi sono contenuti infatti il diploma militare del legionario sardo Ursario, figlio di Tornale da Anela,SS e l'importante grande Tavola di Esterzili; si tratta di due famosi documenti epigrafici provenienti dalla collezione del Canonico Giovanni Spano: il primo è un documento a carattere “privato” che documenta la prassi romana della concessione di alcuni importanti diritti ai soldati veterani; il secondo reperto contiene il decreto del proconsole Lucio Elvio Agrippa che il 18 marzo del 69 d.C., sotto il consolato dell'imperatore Ottone cerca di sedare annose e ripetute contese in merito a confini territoriali fra i Patulcensi Campani ed i Galillensi (popolazioni della Sardegna sud-orientale). La prima parte dell’esposizione di età romana termina con la vetrina 57 nella quale sono conservati pregevoli esemplari di gioielli di varia provenienza; risaltano gli orecchini (a rosetta con pietre rosse, ovvero con pendenti, e quelli ad anello con pendenti di pietre dure) le collane - a sottile catenella d'oro e piccoli grani di pietra dura, o con elementi romboidali a traforo alternati a grani di pasta vitrea e quella di filo trinato con estremità a protomi leonine - gli anelli d'oro ed argento con pietre d'ogni forma e colore.

Oltre il Medagliere, si inizia la visita della seconda parte della Sala Romana (XIII) dedicata alla scultura e ai mosaici, ai miliari e cippi, alle are e infine ai reperti di provenienza subacquea

 

 

Sala Romana (XII): sculture, mosaici, iscrizioni, reperti subacquei

I reperti di questa sala provengono quasi esclusivamente dalla colonia romana di Turris Libisonis (attuale Porto Torres); le ancore e i lingotti di piombo sono stati rinvenuti, invece, lungo le coste in varie località delle province di Sassari e Nuoro.

Per quanto concerne la scultura sono esposti alcuni esemplari di ambito funerario - due grandi sarcofagi marmorei, uno dei quali con teste di Gorgone sulla fronte e sui lati corti e l'altro con figure fantastiche che aggrediscono tori ed arieti - ed il coperchio di un’urna cineraria con amorino alato dormiente (II sec. d.C.). Scendendo la rampa, sono visibili alcune sculture di piccole dimensioni di pregevole fattura come una statuetta raffigurante un genio dell’esercito con corazza e spada. Sono presenti inoltre due figure di dimensioni superiori al vero una femminile panneggiata ed un grande torso maschile, con mantello sulle spalle entrambi, forse, effigi imperiali del I sec. d.C.

I mosaici sono rappresentati da esempi con motivo geometrico in bianco e nero compreso entro due bordi in uno dei quali è rappresentata una cortina turrita con porta (II sec. d.C.) oppure con la chiara successione di restauri praticati con materiali ed in epoche diverse sulla superficie originariamente decorata da doppie ruote con motivi floreali; segue il mosaico più antico della Sardegna settentrionale - ossia un frammento con due scudi ellittici sovrapposti su due giavellotti incrociati - ed un frammento con un festone ed un bocciolo di ascendenza africana per la sua ricca policromia. Vicino è collocato un frammento rettangolare decorato da una losanga tra due pelte. Seguono due tappeti musivi a soggetto marino unici, finora, in Sardegna: il primo - raffigurante un cavallo marino fantastico ed un gruppo con un polpo che trattiene fra i tentacoli un’aragosta e un grosso pesce - presenta le tessere nere rilevate rispetto al fondo bianco, così da creare un’illusionistica idea di rilievo attraverso l’acqua; il secondo mosaico (bianco, nero e bruno) rappresenta numerose specie acquatiche - inclusi una foca e un coccodrillo - liberamente interpretate.

Scendendo verso la parte più bassa della sala si prosegue scorrendo prima dei miliari e poi dei cippi di confine. Al centro sono raccolte le are, con rilievi e iscrizioni. I documenti epigrafici del Museo, attualmente in riordino, costituiscono un rilevante patrimonio per la ricostruzione storica della Sardegna in età romana. Sono costituiti da iscrizioni onorarie, decreti, miliari, cippi di confine e iscrizioni funerarie. Un numero consistente di iscrizioni proviene dalla colonia di Turris Libisonis; il ritrovamento è fortuito per la maggior parte di esse e risale al secolo scorso o ai primi decenni del nostro secolo. Da Turris provengono anche iscrizioni funerarie cristiane, che recano simboli religiosi. L'interesse delle iscrizioni deriva dal fatto che lo studio dell'onomastica rivela nuovi elementi per la ricomposizíone storica della città. Dall'esame delle iscrizioni funerarie si rileva un formulario molto simile a quello riscontrato ad Ostia ed una serie di dati utili per la conoscenza della composizione sociale della popolazione di Turris Libisonis.

Dirigendosi verso l’uscita dalla Sala è possibile vedere parte della collezione dei reperti subacquei; spiccano le ancore romane di piombo con ceppi di tipo mobile o fisso. Si tratta di ceppi di piombo di tipo mobile, cioè a barra unica che veniva infilata nell’asse di legno dell’ancora, oppure del tipo fisso detto anche “tipo Ammiragliato”, ovvero con l’asse infilato nel foro centrale e bloccato da un perno e dalle cime (si vedano le ricostruzioni moderne). Fra i ceppi esposti si noti un’ancora di marmo bianco da Fiumesanto, Sassari. Oltre alle ancore è esposta una serie di lingotti di piombo con iscrizione e con il marchio di un delfino, provenienti dall’Argentiera, da Stintino e da S. Teresa di Gallura e confrontabili con esemplari iberici. Seguono i resti di quello che doveva essere un ingente carico di metalli in barre dal relitto di Arbatax (Ogliastra): un gruppo di lingotti di ferro e di stagno “a borsetta” e di forma quadrangolare. In piombo sono anche alcuni strumenti marittimi come gli scandagli di forma conica o squadrata.